UNA DOMENICA DI FEBBRAIO…
Sono nata e cresciuta in una cittadina di mare, più precisamente a Botricello, tanto bello quanto amaro.
Io, la mediterraneità di questo luogo me la porto addosso: amo la sua storia, le sue tradizioni, la sua accoglienza.
E poi qui c’è il mare, che ha sempre assunto significati diversi a seconda del mio animo: accoglie i miei pensieri più reconditi senza giudicarmi, mi ospita nelle sue acque cristalline nei momenti di spensieratezza, è lo sfondo delle mie lunghe passeggiate, è la vista da casa dei miei genitori, che tanto amo e che tanto mi manca quando parto.
Succede però che una domenica mattina di febbraio, il paese si sveglia e l’aria è più pesante del solito, il vento di scirocco ti soffia addosso qualcosa di più di quell’aria secca e calda, forse le silenti urla di chi in quel mare che tu vedi ogni giorno appena sveglia ha perso ciò che aveva di più caro al mondo: la vita.
Se l’immigrazione può essere definita come lo spostamento momentaneo o definitivo, di persone dal proprio Paese di nascita o di cittadinanza verso un contesto geografico nuovo, è pur vero che nella sua mutevole complessità storica, ha da sempre contraddistinto la vita degli esseri umani.
Cambiano solo i contesti di partenza e quelli di arrivo.
Due grandi ragioni incidono nella scelta di “mettere un figlio su un barcone” – non me ne voglia Matteo Piantedosi, per aver riportato una delle sue orribili frasi che avrebbe fatto meglio a tacere – quella politica e quindi la ricerca di condizioni di vita accettabili, fuggendo da guerre civili, dittature e persecuzioni; quella economica, per migliorare le proprie condizioni cercando occasioni lavorative all’interno del Paese emigrante.
L’Italia, come Grecia e Spagna, rappresentano la meta di destinazione delle principali rotte migratorie attuali le quali sono caratterizzate da spostamenti via mare di numeri enormi di persone che sono a seri rischi per la propria vita a causa delle modalità con le quali avviene il trasporto.
Un problema, dunque, non di poco conto presente ormai da anni.
L’Italia, infatti, si è trasformata rapidamente a partire dagli ultimi decenni del ventesimo secolo da Paese di emigrazione verso l’America in meta di flussi provenienti dall’Europa orientale, dall’Africa, dall’Asia e anche dall’America latina.
A tutto ciò si aggiunge la costante crescita del mercato criminale globale: lo smuggling in cui è lo stesso migrante a rivolgersi alle organizzazioni criminose per avere, dietro pagamento di una somma di denaro, che si aggira intorno agli 8.000 dollari, il trasporto nel Pese prescelto; il trafficking, una forma più pesante di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in quanto i migranti vengono costretti a trasferirsi in altri Paesi per svolgere attività richieste dai mercati illeciti.
Tutto ciò ha reso l’Italia consapevole, prima ancora degli altri Paesi dell’UE, che serviva un approccio diverso per limitare sia l’immigrazione clandestina, sia le tragedie in mare.
Sul piano strettamente umanitario, l’esempio più notevole d’intervento è stata l’operazione Mare nostrum, in conseguenza alla tragedia avvenuta al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013, incidente che causò la morte di 350 migranti.
Il Mediterraneo è diventato così il teatro di importanti operazioni sotto tutela dell’Agenzia Frontex e il dispiego di un articolato sistema di velivoli, navi, satelliti e droni al fine di ridurre le morti in quel tratto di mare, connesse con la Guardia di finanza per le operazioni di polizia e della Marina Militare per le operazioni di soccorso.
Ci sono poi le tanto chiacchierate ONG, soggetti privati che operano in modo indipendente ma a stretto contatto con gli Stati per garantire lo sviluppo della pace, il benessere delle collettività e la tutela dei diritti umani fondamentali.
Il 23 febbraio, solo qualche giorno prima del naufragio di Crotone, è stato approvato definitivamente il disegno di legge di conversione del D.L. 2 gennaio 2023, n. 1, che reca disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, definito dai mass media “codice di condotta delle ONG” , le quali, ricordiamo, secondo quanto riportato dal Viminale, hanno portato in salvo il 16% delle 85.991 arrivate via mare in Italia al 2 di novembre.
Una situazione al quanto marginale, dunque.
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2023/01/02/1/sg/pdf
Cosa non ha funzionato quella mattina?
Frontex segnala la presenza di un’imbarcazione in mare intorno alle 22:00; la vicenda viene articolata, da chi di competenza, come “operazione di polizia di frontiera” coinvolta nel traffico di migranti e non come “salvataggio in mare”.
La Guardia di finanza spedisce in mare una vedetta e un pattugliatore che rientreranno poco dopo a causa delle situazioni avverse del mare, per due volte.
La Guardia costiera, che fa capo al ministro delle Infrastrutture Salvini, invece, non si attiva.
Sono i pescatori di Steccato di Cutro a dare l’allarme, a tuffarsi per primi in mare – forza 4, bisogna sottolineare anche questo – per cercare di salvare più persone possibili.
Il bilancio è tragico, i superstiti del naufragio sono 82, a fronte delle quasi 200 perone stimate
sull’imbarcazione; quasi 70 i corpi che il mare ha restituito, molti dei quali erano bambini con gli occhi ancora aperti ma vuoti perché la furia del mare, quella notta, gli ha strappato non solo gli abiti, ma anche la dignità e la speranza.
Non è più un fatto di parti politiche, è un fatto che riguarda tutta la politica. Non esiste propaganda, non sulla vita degli esseri umani.
Perché la politica ha fallito; il genere umano ha fallito.
È uno scarico di responsabilità, beceri commenti di circostanza. E poi l’assenza delle Istituzioni.
Una settimana fa Giorgia Meloni, in visita a Buča, si commosse nel ricordo dell’orrore di una guerra che continua a mietere vittime.
Le bare bianche del Palamilone di Crotone invece no, non commuovono la Premier, che ricordiamo è donna, madre e cristiana e che porge semplici messaggi di cordoglio, mentre qui, incessantemente, si continuano a cercare morti.
C’è forse differenza, cari Meloni, Piantedosi, Salvini, politici tutti ed Europa tra una madre ucraina che scappa con i figli da una guerra, da una madre somala che i figli li mette su un barcone per scappare anche essi da una guerra, le cui modalità sono diverse ma l’orrore no?
Brucia il sangue nel dover scrivere queste parole.
Perdonateci, cari bambini, non abbiamo saputo proteggervi.
Dovevamo darvi accoglienza e amore, l’unica cosa che possiamo offrirvi ora sono loculi e un posto migliore in cui riposare, dove ogni male cessa, i campi in cui correre gioiosi saranno sempre più verdi e questa grande distesa blu di acqua cristallina non vi farà più paura.
«Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te».