Avvocato-robot, a febbraio la prima arringa.
I robot sanno già fare un sacco di cose e sostituiscono gli esseri umani in molte attività, ma nessuno pensava che un’intelligenza artificiale potesse accompagnarci in tribunale per difenderci da un’accusa. Lo farà invece per la prima volta in febbraio negli Stati Uniti, un paese nel quale gli avvocati non mancano di certo: ce ne sono quattro ogni mille abitanti (come in Italia, patria del diritto e del cavillo), in una città come New York, dove si litiga per un nonnulla. Si dice che le parcelle degli studi legali americani movimentino due miliardi di dollari ogni anno e sempre meno persone possono permettersi di pagare onorari da centinaia o migliaia di dollari l’ora. Joshua Browder, un esperto di informatica laureato alla Stanford University, ha così fondato una start up che ha chiamato DoNoPay, (non pagare) per aiutare le persone che vengono portate davanti al giudice per reati minori a difendersi da sole utilizzando il proprio telefonino.
Il primo test del robot-avvocato si terrà fra qualche settimana in una località di cui non è stato rivelato il nome, così come l’imputato resta anonimo. Si sa solo che è accusato di eccesso di velocità, una violazione che negli Stati Uniti è punita nella maggior parte dei casi con una multa molto salata: in Oregon quasi 2000 dollari. Browder ha sviluppato un software che ascolterà dallo smartphone dell’imputato la formulazione dell’accusa, la valuterà sulla base delle leggi dello stato, dei precedenti e delle sentenze emesse in passato per casi simili, e consiglierà per mezzo di un auricolare al suo “cliente” come difendersi. Sono solo i primi passi di una nuova applicazione dell’intelligenza artificiale, ma i possibili sviluppi futuri sono molto interessanti. Un robot potrà memorizzare tutte le leggi e le sentenze e consultarle in una frazione di secondo, suggerendo la linea difensiva migliore anche in casi più complessi di questo.
«La mia innovazione – ha detto Browder a New Scientist – riguarda il linguaggio legale, cioè quello che gli avvocati fanno pagare migliaia di dollari l’ora. Ci sarà ancora bisogno di bravi avvocati per discutere magari davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma molti studi legali stanno solo chiedendo troppi soldi per copiare e incollare documenti. Penso che gli avvocati che fanno questo saranno sicuramente sostituiti dall’intelligenza artificiale». In un video promozionale lo scienziato ha spiegato di avere concepito l’idea quando ha cominciato ad accumulare multe per il parcheggio che non poteva permettersi di pagare. Con l’aiuto dell’intelligenza artificiale è diventato un esperto di scappatoie che gli hanno permesso di farla franca. Il suo obiettivo è rendere la professione legale gratuita per i consumatori, ma la strada è ancora lunga. Per convincere il primo imputato a essere difeso da un robot, DoNoPay ha dovuto impegnarsi a pagare le eventuali multe che il giudice irrogherà se l’avvocato elettronico non sarà abbastanza convincente.
L’obiettivo di Browder è quello di «combattere le corporazioni, sconfiggere la burocrazia e citare in giudizio chiunque con la semplice pressione di un pulsante» e di mettere l’intelligenza artificiale a disposizione di chiunque. Il robot chiederà al cliente qual è il problema legale da risolvere e troverà una scappatoia che potrà anche trasformare in una lettera legale da inviare all’istituzione giusta. C’è già un precedente, visto che una chatGPT (un software che elabora e simula le conversazioni umane per iscritto o a voce) di DoNoPay ha avviato con successo un negoziato con il provider internet Comcast sostenendo che i servizi offerti non erano adeguati al canone richiesto. Il robot ha minacciato di intraprendere un’azione legale e Comcast ha così accettato uno sconto di 10 dollari al mese sul canone. L’avvocato elettronico ha ancora bisogno di qualche messa a punto, perché il suo stesso creatore ammette che spesso è un po’ prolisso e tende a replicare a qualunque affermazione della controparte, un po’ come quegli avvocati americani che nei film dicono sempre «mi oppongo». «Le controversie che ora possiamo gestire – ha detto ancora Browder – sono aumentate in modo significativo in campi diversi. Senza bisogno di intervento umano si potranno cancellare abbonamenti o negoziare rinnovi, o chiedere maggiore trasparenza».
È probabile che l’IA diventerà uno strumento per assistere gli avvocati e non sostituirli, ma l’augurio è che tutti in questo thread si rendano conto di cosa c’è in gioco quando un caso viene discusso davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti: l’interpretazione della legge diventa un precedente per tutte le future sentenze in materia negli USA.
Una chatbot non può essere un avvocato, intendendo il termine nella sua accezione culturale.
Un bot non è in grado di rappresentare legalmente e non è ammesso a praticare la legge in nessuna giurisdizione. Per lo meno, questo sino ad oggi.
Ovviamente, c’è il rischio che l’algoritmo possa semplicemente sbagliare e fornire le risposte in modo errato. Se un avvocato commette un errore, ci sono sistemi in atto per renderlo responsabile, dalla presentazione di reclami alla citazione. Se, invece, la chatbot pasticcia gli argomenti legali, il quadro non è chiaro.
Di chi è la colpa? La responsabilità? La tua – imputato- che ti sei affidato ad una chatbot o degli scienziati che hanno addestrato il bot?
Questi sono gli interrogavi che sorgono più spontanei. Si potrebbe dire, a parere di chi scrive, – utilizzando un ossimoro per enfatizzare il concetto – che la tecnologia sia la perfezione nell’imperfezione.
Browder merita sicuramente dei complimenti per il suo spirito imprenditoriale, ma vale la pena notare che né lui né il suo bot sono pronti a fare domanda per la scuola di legge, tanto meno fornire consulenza legale in massa. A prescindere dal luogo in cui ci si trova, per essere un avvocato – in tal caso negli Stati Uniti – bisogna seguire un percorso: in molti casi è necessario fare domanda per la scuola di legge, essere ammessi e superare esami impegnativi. Insomma, anni di studio – a volte anche estenuanti.
Per essere ammesso all’avvocatura, bisogna prestare giuramento come ufficiale giudiziario ed essere soggetti a responsabilità deontologiche e professionali. È più facile chiamare un bot “il primo avvocato robot al mondo” piuttosto che diventare anche il più robotico dei consulenti umani.
La cosa grandiosa di un avvocato “umano” è che – appunto – essendo esseri umani siamo in grado si risolvere i problemi e possiamo provare empatia per i soggetti con cui interagiamo, provando emozioni.
Dunque, una cosa è l’intelligenza artificiale di un avvocato robot, un’altra è l’intelligenza emotiva.
Un consulente legale “umano” non offrirà risposte automatiche valide per tutti, come DoNotPay.
Un consulente legale “umano” si presenterà in tribunale, indosserà un abito elegante e discuterà eloquentemente per te davanti a un’aula piena di persone e, pensiamo anche ai classici film o serie tv, american/british style, in cui l’avvocato versa un caffè prima di dare cattive notizie. Tutto ciò per sottolineare come i database abilitati all’intelligenza artificiale e gli strumenti di individuazione dei modelli accelerano semplicemente il processo legale, invece di determinare l’esito di un caso, “semplicemente, perché la tecnologia non è ancora abbastanza accurata”.
Ma ciò, lo insegna anche la nostra storia. In una delle sue opere più importanti, il De Oratore, Cicerone delega all’oratoria il ruolo storico della civilizzazione umana chiedendosi, naturalmente nella forma di una domanda retorica, quale altra disciplina oltre all’oratoria avrebbe potuto portare l’uomo alla civiltà.
Si tratta di una considerazione perfettamente in linea con il pensiero di Aristotele, secondo cui “la parola è in grado di manifestare l’utile e il dannoso e di conseguenza anche il giusto e l’ingiusto. È proprio la condivisione di tali valori che dà origine al nucleo familiare e alla città. Ciò per cui noi uomini ci distinguiamo dalle bestie è essenzialmente il fatto che dialoghiamo tra di noi e possiamo esprimere parlando le nostre emozioni”.
Questo implica una visione relazionale dell’uomo, perché ogni dialogo richiede un interlocutore, a sua volta impegnato nella comunicazione. In questo modo l’uomo è, fin dalle origini, “connesso” con gli altri e l’oratoria mette in atto la rete delle connessioni. Da un punto di vista antropologico potremmo dire che in Cicerone, vi è stata un’evoluzione dell’uomo, da animale razionale ad animale dialogante-comunicante.
Ma a prescindere da tutto ciò, la tecnologia, per quanto possa essere intelligent o artificial, non sarà in grado di gestire le sfumature culturali o linguistiche poiché manca della capacità di padroneggiare l’abilità chiave dell’avvocatura, che è l’arte di discutere.
Le macchine sono tutt’altro che linguisti super-avanzati e alcuni esperti di intelligenza artificiale dubitano che raggiungeranno mai un’esperienza simile a quella umana con il linguaggio perché l’acquisizione dello stesso è un complesso mistero cognitivo e culturale che si basa sul contesto.
Le macchine possono a questo punto essere addestrate solo a capire il linguaggio, ma non a sostituirsi ad esso.